PARTIAMO DALL’ ANATOMIA

La colonna vertebrale è un vero e proprio pilastro centrale del tronco e deve unire due parametri meccanici in antitesi tra loro: rigidità ed elasticità. Questo è possibile, nonostante l’apparente instabilità di un implemento di vertebre, grazie alla struttura a tiranti ².

Il rachide, nel suo insieme, può essere considerato simile all’albero di una nave, che posto sul bacino s’innalza fino al capo. A tutti i livelli esistono dei tiranti legamentosi e muscolari, disposti come sartie, che hanno il compito di ancorare l’albero al bacino. Il cingolo scapolare può essere immaginato come una grossa trave trasversale all’ albero verticale e a esso ancorato attraverso un secondo sistema di sartie. I tiranti muscolari regolano continuamente e in modo automatico la loro tensione per mantenere l’equilibrio, grazie all’azione dei riflessi midollari e del sistema nervoso centrale.

L’elasticità del rachide è data dal fatto che è formato da molteplici segmenti sovrapposti e collegati dai vari muscoli e legamenti.

In assenza di condizioni patologiche, il rachide visto frontalmente ha un andamento rettilineo. Al contrario, il rachide visto sul piano sagittale presenta quattro curvature che sono, dal basso all’alto:

1-Curva sacrale, che è fissa per la fusione delle vertebre sacrali, a concavità anteriore

2-Curva lombare, o lordosi lombare, a concavità posteriore e più o meno marcata

3-Curva dorsale, o cifosi dorsale, a convessità posteriore

4-Curva cervicale, o lordosi cervicale, a concavità posteriore

Nella normale postura verticale, in posizione eretta, la parte posteriore del cranio, il dorso e lenatiche sono tangenti a un piano verticale. L’entità delle curvature è definita dalle frecce, cioè la distanza tra questo piano verticale e l’apice delle curve.

La presenza delle curve rachidee aumenta la resistenza del rachide alle sollecitazioni di compressione assiale.

La colonna vertebrale è costituita da 32-33 vertebre, suddivise in:

  • Rachide cervicale, 7 vertebre cervicali
  • Rachide dorsale, 12 vertebre toraciche
  • Rachide lombare, 5 vertebre lombari
  • Sacro, osso impari formato dalla fusione di 5 vertebre sacrali
  • Coccige, formato dalla fusione di 3-4 segmenti ossei

Una vertebra tipo è formata da due parti principali:

  • Corpo vertebrale, anteriormente. E’ la parte più massiccia, con una forma cilindrica e meno alta che larga
  • Arco posteriore, di dietro. A forma di ferro di cavallo, composto dalle apofisi articolari, anteriormente dai peduncoli che si saldano al corpo vertebrale e posteriormente dalle lamine. E’ poi presente medialmente, in dietro, l’apofisi spinosa e lateralmente le apofisi trasverse.

 

 

Questa vertebra tipo presenta profonde modificazioni a seconda del livello (lombare, dorsale e cervicale) del rachide.

I corpi vertebrali sono uniti fra loro dai dischi intervertebrali. Le apofisi articolari sono unite fra loro da articolazioni del tipo delle artrodie.

Le struttura del disco intervertebrale è formata da due parti distinte.

Una parte centrale, il nucleo polposo, che è una sostanza gelatinosa composta principalmente di acqua, privo di nervi e vasi che ne impediscono la possibilità di cicatrizzazione spontanea.

Una parte periferica, anello fibroso, formato da una successione di fasci fibrosi concentrici che impedisce la fuoriuscita della sostanza del nucleo. Il nucleo si trova rinchiuso in un alloggiamento inestensibile e sotto pressione, questo stato di precompressione è determinato dalle sue proprietà idrofile.

Anello e nucleo formano insieme una coppia funzionale che permette al disco intervertebrale un meccanismo di auto-stabilizzazione ed elasticità. In un qualsiasi movimento del rachide si avrà una compressione del disco in direzione del movimento, questo comporta la spinta del nucleo nel verso opposto e la conseguente messa in tensione delle fibre dell’anello che tenderanno a riportare il disco nella condizione iniziale.

L’articolazione tra due vertebre con interposto il disco vertebrale possiamo considerarla come un giunto a sfera, immaginando che il nucleo si comporti come una biglia interposta fra due piani ². I movimenti permessi sono di:

  • Inclinazione sul piano sagittale, flessione ed estensione
  • Inclinazione sul piano frontale, inclinazione laterale
  • Rotazione, di uno dei piatti vertebrali sull’altro
  • Scivolamento, ovvero di taglio di un piatto vertebrale sull’altro

Tuttavia ogni movimento è di modesta ampiezza, solo grazie alla somma dei movimenti di tutte le vertebre si ottengono movimenti di grande ampiezza. Questi movimenti sono condizionati dalla disposizione delle faccette articolari posteriori e dai legamenti.

Possiamo paragonare ogni vertebra a una leva di primo tipo dove l’articolazione interapofisaria funge da punto di appoggio ². Questo sistema di leva permette l’ammortizzamento delle forze di compressione assiale sulla colonna vertebrale: diretto e passivo a livello dei dischi intervertebrali, indiretto e attivo a livello dei muscoli delle docce vertebrali, per mezzo delle leve formate da ogni arco posteriore.

Gli elementi di connessione intervertebrale che assicurano la stabilità fra i diversi segmenti mobili del rachide sono:

  • Legamento longitudinale anteriore, che decorre dalla base del cranio al sacro sulla faccia anteriore dei corpi vertebrali
  • Legamento longitudinale posteriore, che decorre sulla faccia posteriore dei corpi vertebrali

Annessi all’arco posteriore, che assicurano la connessione fra due archi vertebrali adiacenti, abbiamo:

  • Legamento giallo
  • Legamento interspinoso
  • Legamento sovraspinoso
  • Legamento intertrasversario
  • Legamenti capsulari

L’insieme di questi legamenti assicura al rachide una connessione molto solida fra le vertebre.

LA LOMBALGIA (Low back pain)

La lombalgia si definisce come dolore al rachide lombare e rappresenta, quindi, un sintomo e non una malattia ³. Può derivare da numerose condizioni morbose sia vertebrali che extra-vertebrali. Quando il dolore al rachide si irradia rispettivamente nella regione anteriore della coscia o nella regione posteriore della coscia e della gamba, quindi con interessamento dei nervi crurale e sciatico, prende il nome di lombocruralgia e lombosciatalgia.

L’impatto della lombalgia nella società è notevole: nei paesi industrializzati rappresenta il sintomo più diffuso, è la causa principale in termini di giornate lavorative perse, la voce numero uno sul fronte della spesa sanitaria e la principale ragione d’invalidità civile ⁴. C’è chi definisce la lombalgia una sindrome democratica, in quanto oltre il 70% della popolazione ne soffre almeno una volta nella vita. E’ la più frequente causa di visita da parte di ortopedici, neurologi, fisiatri.

Circa il 40% dei pazienti affetti da lombalgia non ricorre alle cure mediche, vista l’abituale brevità dell’episodio. Questo è un fattore che può peggiorare la prognosi in quanto molto comune è il permanere di sintomi minimali, che porta alla ricorrenza della sintomatologia con vari episodi acuti durante l’anno. La maggior parte dei pazienti con lombalgia acuta migliora nell’arco di un mese, ma diviene un problema cronico, causando un certo grado di disabilità funzionale,  in circa il 10% dei casi ³.

Alla base della lombalgia possono esserci diverse condizioni morbose. L’eziologia può vertere su cause vertebrali o extra-vertebrali.

LOMBALGIE EXTRA-VERTEBRALI

Le lombalgie extra-vertebrali possono essere causate da:

  • Patologie reno-uretrali (calcolosi)
  • Patologie vascolari (aneurismi dell’aorta addominale)
  • Patologie ginecologiche (endometriosi)
  • Patologie intestinali (colonpatie, pancreatiti)
  • Patologie prostatiche (prostatiti)
  • Patologie psichiatriche (isteria)

Nella pratica medica è di frequente osservazione che le coliche renali provocano un dolore posteriore al rachide lombare del tutto simile alle lombalgie vertebrali. Una lombalgia lieve può essere l’unico sintomo clinico di un aneurisma dell’aorta addominale.

LOMBALGIE VERTEBRALI

Stabilire quali siano le reali cause che scatenano la lombalgia è estremamente complicato, anche utilizzando sofisticate tecniche diagnostiche. Solitamente alla base del problema non esistono lesioni importanti ma semplici alterazioni funzionali della complessa struttura che compone la colonna vertebrale ⁵.

Le lombalgie vertebrali possono essere causate da:

  • Infiammazione del complesso articolare vertebra-vertebra
  • Artrosi del complesso articolare vertebra-vertebra
  • Ernia del disco, bulging discale
  • Patologie vertebrali come spondilolistesi, stenosi del canale vertebrale, infezioni, fratture
  • Neoplasie primitive o secondarie

L’infiammazione locale, che provoca dolore e contrattura muscolare riflessa dei muscoli paravertebrali, è la più frequente causa di lombalgia. Il processo infiammatorio provoca la temporanea formazione di edema all’interno del canale vertebrale o a livello delle faccette articolari posteriori, stimolando le terminazioni sensitive riccamente presenti nel complesso vertebrale e scatenando la sintomatologia dolorosa. Per quando dolorosa e invalidante questa sintomatologia recede completamente.

Anche l’artrosi è una causa molto frequente di lombalgia, il processo degenerativo che ne consegue comporta la diminuzione dell’altezza del disco intervertebrale e la possibile presenza di legamenti ispessiti, capsule infiammate cronicamente, formazione di osteofiti. L’evoluzione del processo artrosico non è di per se causa di dolore acuto, ma riduce l’ampiezza del canale vertebrale.

L’ernia del disco raramente causa una lombalgia pura, ma interessa anche le radici spinali provocando lombosciatalgia e lombocruralgia. Occorre precisare che la presenza di ernie e bulging non necessariamente causano dolore e deficit neurologici, infatti solo nel 7-8 per cento dei casi si tratta di una infiammazione del nervo sciatico dovuta a una ernia ⁴. Uno studio pubblicato di recente sulle pagine del Journal of American Medical Association ha dimostrato che tra chi si sottopone a un esame radiologico, più della metà si ritrova alle prese con una diagnosi di ernia, senza avere influenze del disturbo.

La lombalgia vertebrale si può presentare clinicamente in maniera differente a causa delle diverse modalità di insorgenza. Possiamo classificarla come acuta, sub-acuta e cronica.

Lombalgia vertebrale acuta

Insorge improvvisamente, spesso a seguito di uno sforzo come il sollevamento di un grosso peso o al termine di una giornata di lavoro che abbia comportato posture scorrette del rachide. In genere il soggetto è in grado di identificare, in modo abbastanza preciso, l’evento che ha scatenato il dolore.

Il soggetto presenta una contrattura della muscolatura posteriore del rachide nella regione lombare, che comporta rigidità e limitazione dei movimenti di flessione ed estensione. Può essere presente un atteggiamento scoliotico dovuto a una contrattura asimmetrica della muscolatura paravertebrale su base antalgica.

La sintomatologia ha una durata inferiore ai 30 giorni e spesso si risolve anche senza trattamento. Le eventuali terapie sono solo sintomatiche. Circa 9 casi di dolore lombare su 10 si risolvono positivamente nel tempo di un mese.

Lombalgia vertebrale sub-acuta

La sintomatologia può durare fino ai 6 mesi, dove la presenza di alcuni fattori di mantenimento del dolore, che possono essere sia fisici, che comportamentali, che psicologici impediscono la risoluzione spontanea della forma acuta. La situazione può risolversi oppure evolversi verso la cronicità. E’ quindi importante adottare una strategia riabilitativa specifica.

Lombalgia vertebrale cronica

E’ l’evoluzione dei due precedenti. Il dolore persiste da più di 6 mesi, ma con un andamento dell’intensità variabile. Spesso il dolore è presente al mattino con il risveglio per poi migliorare nella giornata. Peggiore invece a seguito di sforzi o affaticamento. L’intensità del dolore varia anche durante le settimane, alternando periodi di quasi remissione a periodi di alta intensità. Il soggetto tende a ridurre l’attività fisica e il movimento, ma l’inattività dei muscoli paravertebrali e lombari riduce la stabilità del rachide, innescando un circolo vizioso che favorisce la persistenza del dolore. L’insieme dei circoli viziosi fisici, sociali e psicologici che lo hanno provocato ne rendono difficile, e rara, la risoluzione.

Come consigliano le Linee guida Italiane per la lombalgia il riposo fa male alla schiena.

I dolori vertebrali beneficiano del movimento, che evita l’indebolimento precoce dei muscoli ed aiuta i tessuti a riparare più in fretta. Il riposo, infatti, impedisce di innescare tutti quei benefici processi che permettono al corpo di riparare bene e rapidamente. Il movimento inoltre non peggiora la situazione in corso, anche se movendosi si può avere la sensazione di maggior dolore. Restare attivi, continuare a lavorare e a muoversi, quindi, sia pure con qualche limitazione, è fondamentale, perché permette di guarire prima e di affrontare meglio il dolore.

L’impotenza funzionale, causata dalla lombalgia vertebrale, può essere associata a qualsiasi movimento sui tre piani.

 

 

Bibliografia

  1. Muyor J.M. (2015), The influence of handlebar-hands position on spinal posture in a professional cyclists, Journal of back and musculoskeletal rehabilitation, v 28, n 1:167-172
  2. Kapandji A.I. (2014), Anatomia funzionale, Maloine-Monduzzi Editoriale, Parma, cap 1,3: 2-140
  3. Giannini S., Faldini C. (2013), Manuale di ortopedia e traumatologia, Minerva Medica, Torino, cap 10:146-151
  4. Gaetani P., Panella R., Rodriguez R.B. (2006), Il grande libro del mal di schiena, Sonzogno, Milano, cap 1,2,3: 13-33
  5. Colonna S. (2006), Le catene miofasciali in medicina manuale. Il rachide, Edizione Martina, Bologna, colloquio con l’autore
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